domenica, settembre 08, 2013

Be brave

Soundtrack: https://play.spotify.com/track/6wb6eqZVfvmj2FVg9jCV1K

Non ve ne eravate accorti, ma le due semifinali degli US Open di Sabato hanno visto noi contro di loro.
A rappresentare noi tutti erano due giocatori muniti di una elegante quantità di soluzioni. Allenati sin da giovani da maestri premurosi, conoscitori della varietà dell'essere, dell'imprevidibilità del nemico e quindi detentori di svariate soluzioni.
Ad accumunare Richard Gasquet e Stanislas Wawrinka sono molte cose: uno splendido rovescio ad una mano, la capacità di attaccare la palla giusta e concludere con un delicato tocco al volo, un diritto ballerino che può fornire, nonostante un movimento apparentemente identico, un vincente quanto l'ennesimo errore gratuito. Soprattutto ad accomunare Richard e Stan è il fatto di essere due underachiever, due talenti che non hanno mai raggiunto gli obbiettivi apparentemente alla loro portata. Due scolari giudiziosi capaci, in qualsiasi momento ma soprattutto in quelli che contano, di ricordarsi della loro fallibilità. 
Dall'altra parte loro, i due campioni del liceo. Belli sin da giovanissimi, capaci di attirare lo sguardo delle compagne sin dai primi passi nel corridoio, di dare veramente il via alla festa arrivando con elegante ritardo.
Perché a distinguere loro due da noi tutti non è un gioco di gambe guizzante e apparentemente superiore alla coordinazione di gran parte degli umani. Non sono nemmeno dei pettorali capaci di esplodere migliaia di volte in poche ore senza produrre acido lattico. A distinguere loro da noi è il coraggio.
Rafa e Nole sono impavidi. Sono muniti di quello spirito incosciente di chi da piccolissimo si è limitato ad ascoltare le parole ferree di un allenatore o di un padre che credeva in una cosa e una cosa sola, e a quella si sono attenuti. Buttandosi a terra a fare flessioni appena scesi dal letto alla mattina. Arrotando quelle palle forte, fortissimo, perché la vittoria passa dallo sfondamento, dallo sfiancamento, dal far leva sulla debolezza di chi alle luci dell'alba apre gli occhi e prova un dubbio, un timore, un pensiero diverso.
Con il passare degli anni noi quel pensiero lo abbiamo abbracciato come una rassicurante coperta. Meglio avere una vita complessa, infarcita di errori, che non vivere una esistenza appiattita sul solido successo. Abbiamo iniziato a dare a quei dubbi un valore inestimabile, superiore a qualsiasi contropartita e, mentre lo facevamo, Rafa e Nole sollevavano pesi, scattavano di continuo sulla riga di fondocampo trascinandosi dei carrelli della spesa ricolmi di palle mediche, percorrevano chilometri nelle acque dell'adriatico e del mediterraneo correndo con l'acqua alle ginocchia.
Dopodiché andavano in campo e, senza avere molto da dire, lanciavano il passaggio vincente per l'ultima meta, schivando senza eccessiva difficoltà i placcaggi, collezionando i bacini aerobici delle cheerleader, donandoci con nonchalance un pizzico del loro allure ricordandosi il nostro soprannome sulla via degli spogliatoi.

“il basket è un'altra cosa, Skip”

Finita la scuola dell'obbligo hanno poi proceduto ad estendere la loro vittoriosa esistenza sui campi del circuito, aggiudicandosi meritatamente partite che avrebbero dovuto perdere con giocatori più tecnicamente preparati, colpendo senza indugio un dirittaccio negli ultimi centimetri del campo sulle palle break, colpendo missili piatti sui match point avversari, convogliando le energie in una bordata sul punto che conta, quello in cui le nostre gambe si irrigidivano per la tensione e l'insicurezza. Un sentimento a loro avulso, sconosciuto. Perché in fondo la vita è semplice: si corre, si colpisce duro e, con il denaro e la fama raccolti, si costruiscono piscine consumabili con ragazze altrettanto certe della loro bellezza.
E cosa dovremmo fare noi, quando due potenze del genere si scontrano? Crucciarci di non avere alcun rappresentante della nostra specie nella partita che conta? Invidiare la tenacia che li ha resi infallibili, belli e adorati mentre noi ci accontentavamo di un po' di sorridente serenità?

No, quello che dobbiamo fare è usare un po' di quella consapevolezza tanto incensata per metterci nei loro panni. Per fare nostro quello sguardo feroce, anche solo per qualche ora. Per sentire il calore dei riflettori puntati su di noi mentre lo stadio ulula e l'asciugamano si porta via buona parte del nostro sudore, prima di lanciare l'ennesima pallina in aria sul servizio, assumendo quella posizione slanciata a braccia aperte e sollevate, tipica di chi incarna una vittoria alata.

Enjoy and be brave.
















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